Continua il ciclo degli incontri Arte e Liturgia in programma nella Chiesa degli Artisti a piazza del Popolo, a Roma. Il prossimo appuntamento è per lunedì, 6 maggio, con l’esposizione, negli spazi della basilica, dell’installazione site specif dell’artista di fama internazionale Jwan Yosef, dal titolo Tensegrity / Un tentativo di Unificazione, a cura di Alice Zucca.
Durante il vernissage, alle 18:00, il Coro di Santa Maria in Campo Marzio della comunità Siro Cattolica di Roma eseguirà dei canti tradizionali.
L’opera resterà esposta fino al prossimo 30 giugno.
Nato da padre curdo-musulmano e da madre armeno-cristiana, Jwan Yosef plasma il suo bagaglio culturale in un retroterra connotato, fin dal principio, da un elemento di dualità che valorizza e feconda l’intrigante substrato dal quale inizia la sua trascendente ricerca artistica. Se l’eterogenea esperienza religiosa di Yosef può far luce sui motivi di un radicato e consapevole senso della spiritualità, le mutevoli coordinate geografiche che ha collezionato nei sui percorsi di vita possono aiutarci a comprendere gli sviluppi delle sue tematiche. Originario della Siria, cresce però a Stoccolma. Il matrimonio tra i suoi genitori avrebbe potuto costituire un’unione “complessa” in Siria. Si decise quindi di optare per il trasferimento nella capitale svedese. “Non ho mai vissuto veramente in Siria. Essendo cresciuto in Svezia, ero considerato siriano; e quando sono tornato in Siria, lì ero considerato svedese”, dice Yosef.
Esiste un elemento di contatto in questa inconscia intuizione che apre un dialogo diretto attorno ad un remoto quanto attuale sentimento, poiché tipico dell’umano stato: la necessità di un senso di appartenenza ed unità. Ed è questo, che l’installazione site specific, nella Chiesa degli Artisti, prende in analisi.
Jwan Yosef crea, all’interno della Chiesa di Santa Maria in Montesanto, una meta-struttura, un meta-luogo individuale ed universale al tempo stesso, che si prefigura come un’architettura dell’animo in divenire, fatta di materiali e fasi di edificazione che indaga gli stati intermedi della dualità. E qui, duale difatti è anche il senso della materia, i nastri in tensione a seconda della differenza percettiva dei materiali hanno la consistenza del ferro, legno, architravi della struttura architettonica dello spazio epifanico ma sono di per sé fragili e flessibili, un’ipotetica rottura parrebbe quasi avere il potere di condurci alla negazione o alla conferma delle nostre convinzioni. Ma possono essere anche geometrie in tensione che rimandano al corpo umano stesso in relazione con spazio, fragile o teso nel processo di ricerca di questo senso di unità.
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