Dubuffet, il padre dell’Art Brut, è ospite con le sue tele alla Fondazione Beyeler fino all’8 maggio 2016.

Si tratta della prima esposizione che la Svizzera dedica al pittore e scultore francese (1901-1985), tra i principali artisti del secondo dopoguerra.

La mostra dal titolo Jean Dubuffet-Metamorfosi del paesaggio si snoda attraverso un percorso espositivo affascinante e approfondito, oltre 100 lavori illustrano l’indubbia capacità di questo poliedrico artista di sovvertire gli schemi e di anticipare le suggestioni della contemporaneità, come si vede anche dai tanti autori della Street Art che a lui si sono ispirati, tra cui David Hockney, Jean-Michel Basquiat, Keith Haring e Ugo Rondinone.

Impressionato dalle espressioni grafiche di autori outsider, così come dal linguaggio formale, dai modi narrativi infantili e dalle opere di artisti emarginati, Dubuffet non ha avuto mai paura di osare né di andare contro le convenzioni artistiche più radicate. E dopo aver visitato alla fine della seconda guerra mondiale alcuni ospedali psichiatrici di Berna e Ginevra, è stato lui a elaborare il concetto di Art Brut, studiando, per valorizzarne l’espressività, i lavori dei pazienti. Partendo dall’originale concezione che l’artista aveva del paesaggio come immagine mentale, la rassegna della Fondazione Beyeler evidenzia la modalità in cui Dubuffet riuscì a trasformare questo soggetto – tra i più classici della pittura – in corpo, viso e oggetto e a rendere paesaggi viventi il ritratto, il nudo femminile o la natura, continuando a sperimentare anche attraverso l’uso di materiali poco consueti come sabbia, ali di farfalla, spugne e scorie. Esiti sorprendenti quelli della sua arte, che l’esposizione non manca di esaltare, offrendo al pubblico i tanti cicli creativi che hanno contraddistinto la sua carriera.

Tra i lavori in mostra anche il ciclo più onnicomprensivo di Dubuffet, che l’artista battezza con un neologismo polisemico di sua invenzione, L’Hourloupe, realizzato tra il 1962 e il 1974. Queste opere, nate da scarabocchi tracciati distrattamente con la penna a sfera durante le telefonate, comprendono tele ma anche lavori grafici, sculture e installazioni scultoree, architettoniche e teatrali. Il loro vertice più alto è rappresentato da Coucou Bazar, l’opera d’arte totale che fonde mirabilmente pittura, scultura, teatro, danza e musica insieme ad affascinanti costumi animati.