di Anna Astrella
Una mostra attesa e ben pubblicizzata. Aperta al pubblico lo scorso 22 settembre Picasso. Tra Cubismo e Classicismo 1915-1925 continua a ottenere ottimi numeri nonostante lasci un po’ delusi i più attenti conoscitori del pittore di Malaga. Poche le tele che animano il percorso espositivo e sicuramente di un periodo di produzione non di prim’ordine.
Ad essere celebrato è il primo viaggio di Pablo Picasso in Italia. È il febbraio del 1917 e in Europa infuria la Grande Guerra. L’artista, che ha solo 36 anni ma è già il grande pittore che ha guidato la rivoluzione cubista, arriva nel Belpaese al seguito dell’amico Jean Cocteau. Si divide fra Roma e Napoli, rimanendo fortemente impressionato dalle rovine romane della capitale e dall’arte popolare napoletana.
A cento anni da quel viaggio che segnò tanto la sua arte quanto la sua vita privata (proprio a Roma, mentre preparava i costumi e le scene per i Ballets Russes di Diaghilev, conobbe infatti la ballerina russa Olga Khokhlova che divenne poi sua moglie), le Scuderie del Quirinale lo celebrano con una mostra che conclude le manifestazioni, aperte a primavera, dedicate al gran tour dell’artista spagnolo nel nostro Paese.
Il percorso espositivo ospita oltre cento lavori tra tele, gouaches e disegni oltre a fotografie, lettere autografe e altri documenti selezionati dal curatore Olivier Berggruen con Anunciata von Liechtenstein. Tra questi, il Ritratto di Olga in poltrona (1918), Arlecchino (Léonide Massine) (1917), Natura morta con chitarra, bottiglia, frutta, piatto e bicchiere su tavolo (1919), Due donne che corrono sulla spiaggia (La corsa) (1922), Il flauto di Pan (1923), Saltimbanco seduto con braccia conserte (1923), Arlecchino con Specchio (1923), Paulo come Arlecchino (1924), Paulo come Pierrot (1925).
Sono 38 i prestatori per opere provenienti da Europa, Stati Uniti e Giappone.
In più a Palazzo Barberini, nel grandioso salone affrescato da Pietro da Cortona viene esposto, per la prima volta a Roma, il sipario dipinto per Parade, una immensa tela lunga 17 metri e alta 11. L’architettura di Bernini e Borromini diventa così cornice per un emozionante dialogo tra l’opera di Picasso e la più celebre vòlta affrescata del barocco romano.
È proprio il lavoro svolto per il balletto Parade, su musica di Satie, l’occasione della venuta in Italia di Picasso. Un balletto che, come preciserà l’amico e critico Apollinaire, sarà destinato a sconvolgere non poco le idee degli spettatori e la stessa produzione del “genio Picasso”. Accanto a Parade anche i bozzetti per le scenografie e i fondali per il balletto Pulcinella, due spettacoli teatrali fortemente influenzati dall’esperienza del tour italiano. A Roma Picasso incontrò l’arte di Raffaello, a Napoli ammirò l’Ercole Farnese e gli altri capolavori classici del Museo Archeologico, oltre all’impatto artistico ed emotivo che ebbe su di lui il fascino misterioso degli affreschi di Pompei.
Tutto questo bagaglio esperienziale rappresenta il focus della mostra alle Scuderie del Quirinale. L’esposizione si sofferma in particolare sul metodo del pastiche, analizzando le modalità e le procedure tramite le quali Picasso lo utilizzò come strumento al servizio del modernismo, in un percorso dal realismo all’astrazione.
La mostra illustra gli esperimenti condotti da Picasso con diversi stili e generi: dal gioco delle superfici decorative nei collage, eseguiti durante la prima guerra mondiale, al realismo stilizzato degli “anni Diaghilev ”, dalla natura morta al ritratto.
L’esposizione documenta dunque l’impatto a lungo termine del soggiorno in Italia sull’arte del maestro spagnolo, un impatto evidenziato dalle numerose opere d’ispirazione classica realizzate nel periodo successivo a quel viaggio; opere concepite ed elaborate in maniera personalissima, come sottolinea il curatore Olivier Berggruen: «Delle statue antiche lo avevano colpito la monumentalità e la sensualità nascosta, più che le forme e le proporzioni. Ma poi, anticipando certe moderne trasgressioni, Picasso aveva iniziato a mettere insieme con grande disinvoltura “alto” e “basso”. Nella sua voglia di un’arte che fosse al tempo stesso più moderna ma anche più primitiva, interessandosi ancora più a tutti quei mondi “ai margini della classicità”, preferendo all’Antica Roma e al Rinascimento gli Etruschi, gli affreschi erotici di Pompei, le maschere della Commedia dell’arte, la vita frenetica della via Margutta del 1917 o quella dei vicoli di Napoli».
La mostra resterà aperta al pubblico fino al 21 gennaio 2018.
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