di Anna Astrella
Casale del Giglio rappresenta una scommessa. Una scommessa vinta da Dino Santarelli. È lui che sul finire degli anni Sessanta acquista un grande tenuta nell’Agro Pontino (180 ettari solo di vigna) e punta tutto su territori ancora poco conosciuti dal punto di vista del loro potenziale qualitativo viticolo ed enologico ricavati dopo la bonifica. Grazie a scelte giuste e opportune Dino prima e suo figlio Antonio poi riescono a creare una produzione di alto livello oggi apprezzata sia in Italia che all’estero, soprattutto in Canada.
Insomma l’intuizione è quella giusta: l’assenza di passato enologico rappresenta lo stimolo determinante per la massima libertà innovativa in questi terreni. Antonio Santarelli coinvolge ampelografi e ricercatori universitari e nel 1985, con il padre Dino, dà vita a un progetto che pone a dimora sui suoi terreni quasi 60 diversi vitigni sperimentali. Un’avventura complessa e rischiosa, mai tentata con questa scientificità, di cui diviene interprete l’enologo dell’azienda Paolo Tiefenthaler.
Così Casale del Giglio, a Le Ferriere, non lontano dall’antica Città di Satricum, in provincia di Latina, a circa 50 chilometri a sud di Roma porta avanti delle ricerche ispirate ai modelli di coltivazione viticola praticati a Bordeaux, in Australia ed in California, che sono territori esposti all’influenza della costa, esattamente come l’Agro Pontino, che beneficia dell’influenza del Mar Tirreno.
L’audacia di Antonio Santarelli è ripagata con i primi importanti risultati sulle uve rosse Syrah e Petit Verdot e bianche come Sauvignon, Viognier e Petit Manseng, che danno vita a diverse etichette da monovitigno oppure da assemblaggio.
Il fiore all’occhiello è il Mater Matuta (Syrah più pennellata di Petit Verdot), un vino fiero, concentrato, dal colore rubino cupo e con profumi di frutti neri di bosco. Sorprende l’Aphrodisium, un bianco dolce da uve raccolte tardivamente (Petit Manseng, Viognier, Greco e Fiano). Nella vasta scelta di vini bianchi proposta da Casale del Giglio, in cui primeggia l’Antinoo, le ultime novità sono la Biancolella di Ponza (Faro della Guardia) e il Bellone di Anzio (Antium). Così come il Tempranijo, ultimo nato tra i rossi. Ad oggi l’azienda Casale del Giglio offre una gamma di 21 prodotti (bianchi, rosati e rossi, una Vendemmia Tardiva, tre grappe e un olio extra vergine).
Non solo vini ma grande attenzione anche per l’archeologia: l’azienda segue da tempo il progetto archeologico di Satricum. Gli scavi hanno consentito l’individuazione della Via Sacra, che conduceva al Tempio della Mater Matuta ed il ritrovamento di un calice in ceramica usato per il vino risalente al V secolo a.C.
Infine Casale del Giglio il week end del 25 e 26 maggio prossimo aderisce al progetto Cantine Aperte con visite guidate in azienda, della durata di circa 1 ora, con degustazione dei vini nelle annate in corso in abbinamento a prodotti tipici del territorio laziale.
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