di Alberto De Rogatis
Leucos, ovvero bianco dal greco, sinonimo anche di puro, limpido, come l’istinto che guida l’artista Ines De Leucio durante questi lunghi mesi caratterizzati da una pandemia incombente che tarda a svanire. L’eclettica pittrice italo-australiana, tornata al suo eremo creativo in Arpaise, tra Sannio e Irpinia, dopo una lunga permanenza nel continente degli aborigeni, sua terra d’origine, ha portato a termine proprio in questi giorni il suo ultimo progetto artistico, da lei denominato Leucos, appunto. Una serie di disegni creati da chi possiede una raffinata sensibilità artistica, caratterizzati da marcati segni quali veri e propri vettori di luce, forme concentriche in alternanza con mirabili grovigli di sprazzi di luce.
“Il primo di questi disegni – spiega l’artista – lo realizzai giusto un anno fa, lo intitolai Amore Cosmico, e nello stesso periodo, purtroppo, persi mio padre. A lui, oggi, dedico l’intera serie di opere recentemente ultimata; il progetto Leucos richiama appunto il cognome di mio padre, Francesco De Leucio. Mi auguro che si torni quanto prima ad una normalità agognata, così da poter realizzare una mostra con i disegni che mi hanno fatto compagnia e dato vigore in un anno decisamente buio”.
Frattanto, non mancano gli apprezzamenti della critica e di personaggi verso l’arte di Ines De Leucio. Particolarmente significativo quello del noto designer Nilo Gioacchini di Firenze che si è così espresso: “Anni fa c’era un signore che si chiamava Picasso, la sua pittura era quasi una ricerca compulsiva di nuove dimensioni in senso concettuale, cercava, scomponeva e ricomponeva aveva la sicurezza che ci potesse sicuramente trovare qualcosa di importante… stava scoprendo il concetto SPAZIO /TEMPO. Contemporaneamente, molto lontano da lui, c’era un signore che si chiamava Einstein, anche lui faceva la stessa ricerca con le stesse motivazioni scoprendo la RELATIVITÀ. I due si conoscevano appena ma stavano scoprendo la stessa cosa… Ebbene, nella pittura di De Leucio ci sono già queste condizioni di spazio tempo, basta osservarla con attenzione e si scopre la profondità dello spazio, oltre alla dimensione temporale per leggerla. E se poi guardiamo bene c’è anche la musica, il suono vibrante delle linee, e diventa quasi ovvio pensare al Canone di Bach. L’artista collega il passato, l’antico e, come lei stessa dice, il primordiale con la realtà“.
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